…ed il Cimitero delle Fontanelle (Capuzzelle)
Non lontano dal centro storico della città, sebbene posizionato in una delle aree extra moenia (fuori le mura) rispetto alla Neapolis greco-romana, si snoda il Rione Sanità.
Articolandosi in tre grandi segmenti principali (Via Vergini, Via Sanità e Via Fontanelle) ed incrociandosi coi suoi numerosi vicoli e vicoletti, risulta essere una delle zone più folcloristiche e densamente popolate di Napoli. Si tratta di un’area interessante e suggestiva anche dal punto di geografico in quanto si presenta come un’quartiere avvallato, circondato dalle colline di Capodimonte, Materdei e dei Colli Aminei e costituito a sua volta da due grandi “valloni”: il Vallone dei Gerolomini, nella parte più alta e terminale del rione, e il Vallone dei Vergini che invece ne costituisce la parte iniziale partendo da Via Foria.
“requie, repuoso, refrisco cunzuolo”
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Ricco di storia, questo quartiere offre numerosi luoghi da visitare sia in superficie che nel sottosuolo. Fin da quando gli antichi greci vi si insediarono infatti è stata un’area destinata alla sepoltura dei defunti tant’è che lungo il percorso è possibile visitare gli antichi ipogei oltre che alcune catacombe paleocristiane e un cimitero cristiano, il noto Cimitero delle Fontanelle. Risalendo la strada è possibile visitare la cinquecentesca Chiesa di Santa Maria alla Sanità, con le annesse catacombe di San Gaudioso, e gli androni di due palazzi nobiliari, Palazzo Sanfelice e Palazzo dello Spagnuolo.
Raggiungendo via Fontanelle e risalendola tutta, si ha invece accesso all’omonimo cimitero cristiano ubicato in un’antica cava estrattiva di tufo giallo. Camminando e dando uno sguardo a destra e sinistra, non si può non notare la forte presenza di cave di tufo, molte delle quali oggi sono adibite a garage o depositi. L’unica che dal 1600 in poi fu convertita prima in ossario e poi in un cimitero vero e proprio è quella che ospita le migliaia di “capuzzelle”(teschi, alla napoletana) e di ossa appartenute principalmente alle numerose vittime di epidemie quali la peste e il colera; un cimitero dove vige l’anonimato data l’assenza di necrologi.
Tuttavia dalla seconda metà del 1800 in poi, grazie a Don Gaetano Barbati è stato possibile dare a queste spoglie anonime almeno un’ubicazione consacrata all’interno di una cava che per molto tempo ha funto da cimitero e anche da chiesa, destinata alla messa in suffragio di queste anime, meglio conosciute a Napoli come anime “pezzentelle” ovvero anime del Purgatorio. Anime che sono in attesa della grazia divina e il cui accesso alla stessa trova sollievo nelle preghiere e nelle cure dedicategli dai devoti i quali, così facendo, praticano il cosiddetto “refrisco” (dal napoletano, “refrigerio”) in cambio del quale chiedono grazie per sé e per i propri familiari.
Un quartiere avvolto nel mistero e nel misticismo di una religiosità popolare molto pregnante, parallela a quella di massa, dove sacro e profano ancora una volta si mescolano a favore del devoto che mostra rispetto, devozione, fede e pazienza.
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