Quanto tempo si è immuni al Covid-19?


Durante una campagna vaccinale che sta facendo registrare qualche intoppo sulla tabella di marcia, per chi ha contratto il virus e non ancora vaccinato, dopo la guarigione clinica, gli anticorpi riescono davvero a proteggere dal rischio di un nuovo contagio?

È questa una delle domande più insistenti e ricorrenti nel corso dei mesi. Secondo un nuovo studio, condotto a Vo’ Euganeo (Veneto), da Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova e dall’Imperial College di Londra, ci sarebbe una barriera protettiva moderatamente duratura nel tempo.

L’indagine ha coinvolto 125 residenti a Vo’ Euganeo e frazioni (88 positivi al tampone nel febbraio dello scorso anno, gli altri risultati positivi al test sierologico durante i controlli di maggio). Alcuni importanti dati sono già emersi, ossia che gli anticorpi prodotti dal coronavirus restano in circolo nelle persone positive al Covid dai 9 ai 10 mesi. Inoltre, quando le persone con anticorpi incontrano un positivo, gli anticorpi si attivano, fornendo una nuova barriera di protezione.

Il campione di Vò Euganeo pare rappresentativo, si tratta di persone positive al Covid, ma anche di soggetti negativizzati ma positivi al test sierologico, ossia soggetti asintomatici che avevano contratto il virus prima che il team italo-inglese andasse a testarli e nel frattempo guariti. Anche nel caso di questi ultimi soggetti, il test ha evidenziato che gli anticorpi restano in circolo per molto tempo.

Altresì uno studio del King’s College di Londra, invece, ha rilevato come l’immunità cali in modo abbastanza veloce nel giro di tre mesi, soprattutto fra anziani e asintomatici. La maggior parte degli studi effettuati in materia di immunità da Covid-19, tuttavia, rivela che la protezione degli anticorpi neutralizzanti può durare in media tra i 6-8 mesi.

Non basta!

Per quel che riguarda la vaccinazione di massa adesso le farmacie sono state chiamate in causa per partecipare alla vaccinazione al fine di provvedere nel più breve tempo possibile ad immunizzare quante più persone possibili in tempi brevi, ed ovviamente il sottoscritto come moltissimi altri colleghi ha immediatamente dato il proprio consenso offrendosi per l’espletamento di tale attività.

Durante quest’ anno pandemico si sta dando grande risalto a medici ed infermieri, considerati eroi nella lotta al COVID, candidati al Premio Nobel per la pace e da più parti si sollecita il governo ad corrispondere agli stessi un compenso adeguato all’impegno ed ai rischi, ma onore ai farmacisti italiani che stanno tenendo in prima linea le nostre strutture, difendendosi come possibile con guanti, mascherine, barriere in plexiglass ma restando saldamente fermi al posto garantendo l’assistenza alle persone e spesso rasserenando pazienti in prega a grave sconforto, una categoria professionale che pochissime volte è stata menzionata. È una pandemia da studiare, conoscere e approfondire, ma il vaccino resta in oltremodo l’unica speranza.

Il grande Troisi avrebbe detto nell’84, per strappare un sorriso ai più colpiti “non ci resta che vaccinarsi

Di Aurelio de Chiara Ruffo

Farmacista, Specializzato in Preparazioni Galeniche e Officinali ed in Affari Regolatori del Farmaco

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